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- 26 marzo 2015

La tecnica raku

La tecnica di cottura raku consiste nella cottura di un pezzo argilloso estratto dal forno alla massima incandescenza. Quindi viene messo in un ambiente riducente, senza ossigeno, insieme a combustibili come la segatura, le foglie secche o la paglia. Alla fine l’oggetto si fa raffreddare in acqua o all'aria. Per questo procedimento un oggetto sottoposto a cottura raku è un pezzo unico vero e proprio con un colore piuttosto scuro e bellissimi effetti metallici. Si tratta di una tecnica usata in Giappone per fabbricare le piccole ciotole, che entravano in una mano, usate per la loro cerimonia del te in cui i giapponesi si scambiavano le tazze realizzate con la tecnica raku. La tecnica è nata in armonia con lo zen, cioè è capace di esaltare quell'armonia che è presente nelle cose e la bellezza della naturalezza delle forme. Nel processo raku l’oggetto, di argilla refrattaria e robusta, subisce uno shock termico: i suoi granelli interni, detti chamotte, diminuiscono la contrazione, evitando la possibilità di frattura. Il pezzo di argilla refrattaria, una volta modellato, viene cotto a una temperatura di circa 1000 °C e poi decorato, usando ossidi o smalti.

La cottura raku

La cottura raku è un’antica tecnica giapponese introdotta solo recentemente nel nostro mondo occidentale. Infatti ha stravolto quelli che sono i principi fondamentali della cottura della ceramica. Viene eseguita in un forno apposito, a campana o a pozzetto, in fibre di ceramica leggera. Si possono anche costruire piccoli forni con dei mattoni refrattari e non cementati, dove le temperature arrivano a 950 o- 1000 °C. Quando il forno ha un colore arancio chiaro che tende al giallo e i pezzi sono lucidi, si possono estrarre. Il forno si apre, l'oggetto si prende con apposite pinze e subito si deposita all'aria per raffreddarsi o in acqua. Negli anni 70, scoperta la tecnica raku di cottura, si è ideato di mettere i pezzi dentro un contenitore fatto di metallo con del materiale combustibile (carta,segatura, trucioli, ecc.). Questi, bruciando insieme ai pezzi incandescenti, provocano una riduzione d'ossigeno. L'oggetto poi viene estratto dal contenitore e immerso in acqua. Poi viene pulito per togliere i segni provocati dalla combustione e allo scopo di far emergere quei riflessi metallici iridescenti e brillanti.

La storia del raku

La tecnica della cottura raku ha origine in relazione al rito del te in Giappone: si beveva il te con oggetti poveri, quali una tazza, che tutti gli ospiti si scambiavano per bere. Le dimensioni della tazza erano piccole in modo che potesse essere contenuta all’interno della mano. L'invenzione di questa tecnica raku è stata attribuita a un artigiano di origine coreana che era addetto a produrre le tegole nell'epoca Momoyama, cioè nel XVI secolo d.C.. Questo artigiano di nome Chojiro poi la sviluppò al fine di facilitare la costruzione delle ciotole per il tè. Il termine raku in giapponese significa "rilassato, piacevole" e deriva da un sobborgo della città di Kyōto in cui era estratta l'argilla nel XVI secolo. Da allora divenne il sigillo di quella stirpe di ceramisti che discendeva da Chojiro, che esiste tuttora in Giappone. Successivamente, nel XVIII secolo, fu pubblicato un vero e proprio manuale che spiegava la tecnica in dettaglio e da quel momento il raku si diffuse oltre il Giappone. I pavimenti in ceramica raku sono ricercati e quotati e tutti gli oggetti sono vere opere d'arte: si possono infatti ammirare in musei e collezioni private.

I colori raku

Per colorare o decorare un oggetto o una mattonella dei pavimenti in ceramica raku, non si utilizzano dei colori veri e propri ma altri procedimenti. Vediamoli: · per la base si usa la silice con l’aggiunta di fondente, di ossido di piombo, o alcalino; si aggiungono fedspati o soda per ottenere una base vetrosa a cui si aggiungono degli ossidi coloranti;· gli ossidi: occorre mescolarli alle cristalline con diverse percentuali e applicarli con pennello a spruzzo, a immersione o direttamente sul pezzo smaltato;· l’ossido di rame si usa per il verde, con dei riflessi metallici dal color rame fino al rosso rubino o al blu e perfino all'oro con riduzione d'ossigeno;· l’ossido di cobalto si usa per il blu e con lo stagno si usa per l'azzurro;· l’ossido di manganese si usa per il colore viola tipo melanzana;· il nitrato d'argento si usa per avere effetti madreperlati e dorati;· l’ossido di ferro di colore rosso si usa per avere i gialli, i bruni e fino al grigio-verde, a seconda della percentuale d’ossigeno del raffreddamento o nel contenitore di cottura;· l’ossido di nichel si usa per avere verdi caldi oppure grigiastri senza ossigeno.

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