- 21 ottobre 2020

Muore Enzo Mari, punto di riferimento nel mondo del design

Enzo Mari è morto all'età di 88 anni per Covid-19. Artista controcorrente di fama internazionale, ha reso grande il nome del design italiano.

- 21 ottobre 2020

Enzo Mari: la coscienza dei designer

Il 19 ottobre 2020 è morto all’età di 88 anni Enzo Mari: artista poliedrico e filosofo prestato al mondo del design. Era ricoverato per Covid-19 al San Raffaele di Milano, assieme alla moglie, la critica d’arte Lea Vergine. Lo ha seguito il giorno successivo la moglie Lea vergine, curatrice e critica d'arte sua compagna di una vita.
La scomparsa del designer coincide con l’apertura della grande mostra a lui dedicata alla Triennale di Milano (in programma sino al 18 aprile 2021), curata da Hans Ulrich Obrist, che lo ha definito “Leonardo Contemporaneo” per l’enormità di interessi, opere, argomenti da lui trattati dal Dopoguerra ad oggi.
Mari difatti è stato: un docente universitario, un attivista politico, un teorico, un artista fuori dagli schemi, oltre che un designer nell’ambito della grafica, della pittura, dell’allestimento, dell’architettura.
La sua opera è stata ritenuta fondamentale nello sviluppo e nella formazione del design italiano e nell’affermarsi del concetto del Made in Italy. Non a caso gli oggetti da lui ideati (più di 1500), prodotti dalle più note aziende del settore (Zanotta, Driade, Danese, Magis, solo per citarne alcune) sono esposti nei più importati musei del mondo.
Non si formò come architetto Mari, ma studiò arte e letteratura all’Accademia di Brera negli anni ’50, approfondendo temi psicologici sulla percezione visuale e sull’aspetto sociale del design. Attivo come teorico, applicò da subito i suoi studi personali al mondo del disegno industriale, iniziando un sodalizio con l’azienda milanese Danese.
Per lui gli oggetti non dovevano essere solamente belli e accattivanti, ma senza dubbio funzionali, semplici da realizzare, pratici da utilizzare.

Il suo design racchiuso nei suoi pensieri

Risulta difficile sintetizzare il pensiero del Maestro in poche righe, possiamo però mostrare alcune sue opere, riportando alcuni suoi concetti e frasi che lo hanno reso celebre e che possono far capire il pensiero alla base della sua attività da artista:

  • “Con i miei lavori ho sempre cercato di parlare ai giovani, di dare loro una risposta, e per questo non ho mai voluto fare dei progetti utopici. Ogni mio progetto è diventato piuttosto un prototipo”. Così rispondeva ad Obrist sulla dimensione utopica dei suoi lavori. Il design quindi sposa l’etica, in quanto ideato nell’interesse di tutti e non di un’unica persona (il destino sociale del design). L’utente non è un fruitore passivo, ma ha parte attiva nel processo progettuale. “Coscienza dei designer” lo aveva definito difatti un altro grande del ‘900 Alessandro Mendini.
  • Molto critico era il “Gigante”, come lo ha nominato l’architetto Boeri il giorno della sua scomparsa, nei confronti del design degli ultimi decenni. Il marketing aveva trasformato il designer da filosofo creativo a ideatore di tendenze, di oggetti, merci facili da vendere.
  • “Studiavo a fondo i materiali, il loro peso e colore, le loro prestazioni; poi tagliavo e disegnavo dei pezzi e, in base alla natura dei materiali, capivo dove andavano messe le viti, gli agganci ecc. Adesso invece ci si mette a progettare imitando cose che già esistono, senza capire come davvero esse funzionino.” Così parlava Mari in un’intervista sul Corriere della Sera.

Nelle immagini mostriamo tre progetti ideati per Danese, brand con il quale il maestro collaborò a lungo, disegnando più di 40 opere:

  • Uno, La Mela (1963): stampa serigrafica 50x70 cm, a due colori, facente parte della Serie delle Natura: una cernita di soggetti archetipo dalle linee stilizzate (tra cui: la pera, la rana, il gorilla, la pantera, solo per citarne alcuni) ancora attuali, dal fascino senza tempo;
  • Putrella (1958): un portaoggetti, un vassoio, un centrotavola, un elemento multifunzionale, prodotto in edizione limitata, realizzato a partire da un semilavorato industriale, una putrella in ferro appunto. Ritorna anche qui il concetto dell’archetipo, del modello, dell’oggetto asciutto e puro nella forma e nei materiali, ma dalla grande forza espressiva;
  • Timor (1967): un calendario perpetuo realizzato in plastica, che permette di scegliere grazie a delle fascette che ruotano a ventaglio attorno ad un perno, mese, numero e giorno della settimana. Ricordando vagamente la segnaletica ferroviaria, questo oggetto da tavolo è stato ideato in opposizione alla logica dell’usa e getta.

Il successo di Mari come designer

Enzo Mari è stato spesso definito un teorico del design, un artista controcorrente, alla continua ricerca e sperimentazione di materiali e forme, tanto da ricevere per ben 5 volte il Compasso d’Oro dell’ADI.
Vogliamo quindi dedicare questo piccolo spazio mostrando nella gallery 3 dei suoi arredi più famosi, nati dalla collaborazione con illustri marchi del settore, al fine di visualizzare nel concreto il suo pensiero:

  • Bric (1977) prodotto da Driade e realizzato assieme ad Antonia Astori è un sistema di autoprogettazione e autocomposizione d’arredo, caratterizzato da contenitori modulari, realizzati in legno impiallacciato e venduti in un kit di montaggio. Si tratta di cubi con lato di 40 cm, da posizionare liberamente, per creare soluzioni d’arredo personalizzate. Alcuni sono dotati di scomparti aperti, altri di cassetti, ante e divisori. Possono dar vita ad un totem, ad una madia, una libreria;
  • sempre a marchio Driade è la collezione di divani e poltrone Elisa, caratterizzata da una struttura metallica molto sottile e semplice con base a slitta, contrastata dalla generosità e dal volume abbondante, confortevole e morbido dei cuscini di seduta e schienale, rivestiti in tessuto sfoderabile. Essenziale, elegante, colorata, proposta sia in versione da interno che da esterno, nonostante la sua semplicità concettuale, risulta sofisticata e ricercata. Ideata negli anni ’70 è rientrata in produzione nel 2015;
  • Mariolina, prodotta per Magis, è una sedia impilabile. Come per Elisa, si tratta di una seduta essenziale, pratica, leggera, con struttura in tubo di acciaio cromato molto sottile, che sorregge un sedile e uno schienale in polipropilene, disponibile in diversi colori. La sua forma è familiare, regolare, pulita, discreta, solida, perfetta in ogni contesto e in ogni stile.

Sedia N. 1 emblema del suo design

Artista, designer, scrittore, tra ironia e senso critico, Mari durante la sua carriera subì la disapprovazione dei suoi colleghi quando ideò la Sedia N. 1.
Ma perché vogliamo parlare di quest’oggetto?
Perché in qualche modo riassume la filosofia alla base del suo pensiero e perché si tratta di un arredo antesignano del concetto dell’autocostruzione, del “do it yourself” tanto caro ad aziende come Ikea.
Ecco i tratti caratteristici:

  • La Sedia N 1 nasce nel 1974 ed è costituita da semplici assi di legno da montare a casa una volta acquistata. È realizzata in pino non trattato, per abbattere i costi di vendita, risultando comunque resistente e solida, quindi durevole. Nonostante la sua essenzialità, la seduta risulta comoda ed ergonomica.
  • “Tutto ciò ce circonda è forma” e la forma, se è ben fatta, rappresenta la più alta qualità di un oggetto. “Il problema della forma è ricercarne l’essenza” diceva il maestro, ed è appunto la forma il centro di questo oggetto così semplice e “povero”. Una forma essenziale, pura, archetipa.
  • L’innovazione consisteva nel fornire tutto il kit necessario all’assemblaggio: chiodi, legni, istruzioni. Il concetto già citato di autoprogettazione e autocostruzione del mobile Bric ritorna in questo oggetto progettato ben 3 anni prima.
  • L’acquirente diventa progettista, costruttore, non un semplice fruitore, entrando così all’interno del processo creativo del designer. La critica nei suoi confronti era basata sul concetto che l’acquirente veniva costretto a montare il prodotto, lo si obbligata a lavorare, cosa a dir poco originale e provocatoria a quel tempo.
  • Ma “il design è design se comunica conoscenza” diceva Mari: l’oggetto di design non è fine a sé stesso, perché il fruitore apprende nuovi concetti, riguardanti modalità di progettazione e costruzione.
  • A distanza di 35 anni, nel 2008, Artek, azienda scandinava leader nella realizzazione di mobili design, mette in produzione la sedia, sposando, in netto ritardo, la filosofia di Enzo Mari.

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